questa mattina sono qui con una recensione in anteprima che fa parte anche della 4° e ultima tappa del blogtour che ho organizzato insieme ad altre ragazze (Francesca di A tavola coi libri, Mara di Books Like If It's Raining e Silvia di Hook a Book ). Ho voluto organizzare questo blogtour perché mi sembrava doveroso creare qualcosa per una giornata importante come questa e quando ho visto che la DeAgostini aveva in programma di far uscire Il farmacista del ghetto di Cracovia proprio in occasione di questa ricorrenza ho pensato che potesse essere interessante!
Qui vi lascio le tappe delle altre ragazze così che se non lo avete ancora fatto potete andare a sbirciare e vedere che cosa abbiamo creato in questi giorni!
1°tappa a cura di Francesca
2° tappa a cura di Mara
3° tappa a cura di Silvia
Adesso, veniamo alla mia tappa che conclude questo BT e - come una specie di cerchio che si chiude - si riallaccia alla prima tappa, ovvero la recensione del libro Il farmacista del Ghetto di Cracovia di Tadeusz Pankiewicz.
Titolo: Il farmacista del ghetto di Cracovia
Autore: Tadeusz Pankiewicz
Editore: DeAgostini (UTET)
Genere: Memoriale
Data di pubblicazione: 27 gennaio 2017
Sinossi:
Sinossi:
Quando in un quartiere periferico di Cracovia viene creato d'autorità il ghetto ebraico, il 3 marzo 1941, Tadeusz Pankiewicz ne diventa suo malgrado un abitante. Pur senza essere ebreo, infatti, gestisce l'unica farmacia del quartiere: contro ogni previsione e contro ogni logica di sopravvivenza, decide di rimanere e di tenere aperta la sua bottega, resistendo ai diversi tentativi di sgombero, agli ordini perentori di chiusura e trasferimento. Rimarrà anche quando il ghetto verrà diviso in due e in gran parte sfollato, quando diventerà sempre più difficile giustificare la necessità della sua presenza. Grazie a questa sua condizione anomale, coinvolto ed estraneo allo stesso tempo, Pankiewicz diventa una figura cardine del ghetto: si fa testimone delle brutalità del nazismo, fedele cronista dei fatti e silenzioso soccorrittore, cercando in tutti i modi di salvare la vita e, quando impossibile, almeno la memoria delle migliaia di ebrei del ghetto di Cracovia
Sappiamo tutti che il 27 Gennaio, Giorno della Memoria, è una ricorrenza piuttosto triste ma che è giusto che sia presente e che soprattutto venga ricordata SEMPRE perché non dobbiamo mai dimenticare quello che milioni di persone hanno dovuto subire per mano di chi credeva nella "razza pura" la cosiddetta "razza ariana" quella che doveva dominare sopra tutte le razze perché migliore e quello che milioni di ebrei hanno sopportato e subito per troppo tempo.
Questo libro ci regala, e dico regala perché tutti i libri di storia, gli inserti che troviamo su internet non sono che una piccola parte che ci può aiutare a capire le mostruosità che sono accadute a quel tempo e che quindi ci possono far capire la crudeltà esercitata e le sofferenze vissute, grazie a questo memoriale e a chi, come l'autore, ha vissuto in prima persona tutto questo possiamo davvero renderci conto di quello che accadeva davvero, di come queste persone sono state trattate, quello che hanno subito e come - in un modo del tutto impensabile se non addirittura contorto - queste persone, cercando un margine di normalità anche in situazioni così irreali, arrivavano ad abituarsi, a vivere giorno per giorno ringraziando per averla scampata anche questa volta. Pensare che ci si possa adattare a una situazione simile per noi è inimmaginabile ma, forse, se ci fossimo trovati a vivere certe cose anche noi per non rischiare d'impazzire ci saremmo abituati, ci saremmo forse anche rallegrati in un certo senso di essere sopravvissuti ancora una volta nonostante il dolore che ti lacera dentro vedendo gente sparire ogni giorno e quello che è peggio è leggere e quindi sentire come se ti trovassi lì, in quel preciso momento, di come queste persone venivano raggirate dai nazisti, veniva fatto credere loro che andavano a lavorare, che sarebbero serviti a qualcosa, bugie su bugie per tenere sotto controllo quelle persone, per evitare che si ribellassero. E, per questo, si adattavano, speravano davvero che quelle parole non fossero solo campate in aria, queste persone vivevano di SPERANZA, l'unico appiglio per sfuggire alla follia.
L'imprigionamento nei ghetti tocca tutte le persone definite dalla legislazione nazista come appartenenti alla "razza ebraica", comprese quelle convertite al cattolicesimo, ma arrivano anche espulsi o deportati da altre zone. Quasi sempre vengono loro concessi solo pochi giorni per il trasferimento, e la quantità di mobili e oggetti personali permessi è estremamente limitata. Paradossalmente quasi tutti gli ebrei considerano il ghetto come una struttura che potrebbe permettere loro di sopravvivere alla guerra, quasi al riparo dai nemici, in particolare dagli antisemiti locali. Le autorità locali isolano il più possibile le aree assegnati agli ebrei, ma solo in alcune città come Varsavia, Radom e Cracovia, vengono edificate intorno al ghetto alte mure con alcune porte d'ingresso; altre come Lodz, si installano solo dei reticolati; in altre ancora come a Lublino, non vengono nemmeno stabilite barriere reali.
Questo libro va letto, va capito, va sentito. E' un modo per capire davvero cosa c'era dietro, per sentire quella sofferenza che ad oggi non deve essere dimenticata.
Tadeusz Pankiewicz non era ebreo, era un polacco che si è trovato catapultato dentro i margini del ghetto di Cracovia, la sua farmacia era l'unica presente e l'unica fonte di aiuto per gli ebrei costretti a vivere nel ghetto. Lui ha vissuto per due anni e mezzo e ha visto la creazione del ghetto e tutto quello che è accaduto al suo interno fino al suo smantellamento. Una testimonianza, nuda e cruda, di ciò che la crudeltà umana è riuscita a partorire.
Su ordine dei tedeschi nel ghetto viene aperto un Kinderheim, una casa per l'infanzia. All'inaugurazione sono presenti Gutter e Spira. Una cerimonia che non passa inosservata. Ma è una falsità, un ulteriore inganno; ancora una volta si cerca di indebolire la vigilanza della gente. I genitori che vanno a lavorare vi conducono i figli minori di quattordici anni, e questi si dedicano, sotto lo sguardo di custodi esperti, a lavori di ogni genere: confezionano ceste, incollano buste... E inoltre imparano a cucire per essere in grado di aiutare gli adulti, nella comunità, quando il ghetto sarà trasferito nel campo. Il kinderheim si riempie ogni giorno di decine di bambini che vi accorrono volentieri, con gioia, senza neppure immaginare, nella loro ingenuità, l'immenso pericolo che corrono e la tragedia che si addensa su di loro. E dire che tutto questo fu realizzato appena qualche settimana prima della data stabilita e fissata per l'assassinio di tutti i bambini del Kinderheim. Ma i piccoli lavorano con gioia, e i genitori, per parte loro, sono felici di osservare il loro impegno e i loro progressi..
Con la liquidazione del ghetto la farmacia perse ogni ragion d'essere. Dopo quei due anni e mezzo mi pareva di trovarmi, anch'io, espulso nel paese dei morti, in una contrada svuotata dei suoi abitanti, in cui i passi di uomo che vagava per vie morte suscitavano spavento, in cui incontrare un essere vivente dava i brividi. In quelle strade così gremite ancora poche ore prima, in quelle case che erano state sovraffollate, c'era ormai il vuoto. Un alito di morte percorreva le strade, entrava in ogni edificio, in ogni appartamento.Una testimonianza che lascia i brividi sulla pelle, che fa riflettere e capire che al mondo esiste davvero chi fa della crudeltà la sua ragion d'essere.
I miei giudizi
STORIA:★★★★★/5
STILE:★★★★★/5
COPERTINA:★★★★★/5
VOTO FINALE:
★★★★★/5
Nessun commento:
Posta un commento